3,2,1… MOZZIAMO
Il termine “mozzarella” deriva dal verbo “mozzare”, un’operazione praticata ancora oggi in tutti i caseifici, che consiste nel forgiare con le mani il pezzo di cagliata filata, staccando con gli indici ed i pollici le singole mozzarelle. È così che si ottiene la tipica forma tondeggiante della mozzarella.
I LUOGHI DI PRODUZIONE
Una mappa interattiva vi farà scoprire i luoghi in cui le bufale vengono allevate e i caseifici in cui viene prodotta la rinomata Mozzarella di Bufala Campana DOP.
COME RICONOSCERE LA MOZZARELLA DI BUFALA CAMPANA DOP?
LA CONFEZIONE
Il formaggio DOP Mozzarella di Bufala Campana, per legge (D.l.vo 109/92, art. 23), deve essere posto in vendita solo se pre-confezionato all’origine (buste termosaldate, vaschette, bicchieri, ecc.).
LA DICITURA
Tutte le mozzarelle poste in commercio con la confezione riportante la denominazione “Mozzarella di Bufala”, “Mozzarella bufalina”, ecc., NON sono certificate DOP e sono denominazioni NON consentite per legge.
I MARCHI
Ogni confezione deve riportare le seguenti indicazioni:
• i marchi del Consorzio di Tutela;
• marchi della DOP;
• denominazione Mozzarella di Bufala Campana;
• estremi di legge nazionali (D.P.C.M. 10/5/93) e comunitari (Reg. CE n.1107/96);
• numero di autorizzazione del caseificio (AUT. CONSORZIO TUTELA N. 000/00/0000).
LA GARANZIA
Se la confezione è una busta annodata, deve essere presente, sopra il nodo, un sigillo di garanzia apposto dal produttore. La mozzarella in confezioni senza sigillo può essere facilmente sostituita con una mozzarella non DOP.
La produzione
ACIDIFICAZIONE E COAGULAZIONE
La coagulazione è preceduta dall’aggiunta nel latte, portato precedentemente ad una temperatura tra i 33 e 39°C, di siero innesto naturale (detto cizza) proveniente dalla lavorazione medesima del giorno precedente. Tale aggiunta serve a rendere il latte attivo e pronto per la immediata e successiva coagulazione che viene effettuata in caldaie o polivalenti in acciaio, mediante l’utilizzo esclusivo di caglio naturale di vitello.
ROTTURA E MATURAZIONE DELLA CAGLIATA.
Dopo alcuni minuti che il latte è rappreso per l’intervento del caglio, si procede alla rottura degli stessi grumi caseosi con un attrezzo denominato “spino” che li riduce fino ad una grandezza di poco più di una noce. A partire da questo momento si verifica la separazione tra la fase solida e la fase liquida del latte (sineresi). La fase liquida, allontanata mediante prelievo, è detta “siero dolce”, mentre la fase solida è detta cagliata. Quest’ultima è lasciata acidificare sotto siero fino a quando sarà definita “matura”o “pronta” per la filatura dal casaro, mediante il saggio di filatura che esegue personalmente.